sabato 17 marzo 2012

Una verdura da consumare per abbassare la pressione

Sempre più persone che soffrono di ipertensione usano rimedi naturali per controllare la pressione alta. Certamente questo tipo di comportamento non deve sorprendere: grazie ad internet, le informazioni si diffondono in modo pervasivo e, anche senza muoversi di casa, ora si hanno fior fiore di esperti da tutto il mondo “a disposizione”.
Ebbene, un modo naturale per controllare la pressione alta è il consumo di barbabietola.


Come la barbabietola aiuta nel controllare l’ipertensione
Secondo uno studio del Barts and The London School of Medicine pubblicato su Journal Hypertension, si può ridurre l’ipertensione del 10% consumando mezzo litro di succo di barbabietola ogni giorno (sono 4 bicchieri). Già dopo un’ora aver bevuto il succo in questione, si notano già significativi effetti.

Amrita Ahluwalia, il principale autore di questo studio, sostiene che il succo di barbabietola e le altre verdure ricche di nitrati aiutano enormemente nel mantenere sano il sistema cardiovascolare.

I benefici della barbabietola sono davvero molti, tra i quali quelli più interessanti sono:
  • riduzione del colesterolo totale del 30% e dei trigliceridi del 40%
  • aumento del colesterolo buono o HDL
  • riduzione del rischio di emboli
Inoltre dissolve i depositi di calcio che ostruiscono le arterie e migliora la digestione.

Ma dove si trova il succo di barbabietola? È molto difficile trovarlo ma lo si può fare comodamente in casa con una centrifuga (se ne trovano di buona qualità anche a meno di 40 €).

ATTENZIONE
Una volta presa una centrifuga, ci si può far prendere la mano e sperimentare nuovi ed innovativi mix di frutta e verdura, ma bisogna assolutamente evitare di mischiare il succo di barbabietola con i broccoli o altra verdura che contengano molto calcio. La barbabietola, infatti, è ricca di acido ossalico che, qualora assunto assieme al calcio, può causare problemi digestivi. Anche coloro che soffrono di calcoli renali o di osteoporosi dovrebbero limitare il più possibile il consumo di questa verdura.

Fabius

martedì 31 gennaio 2012

CACAO MERAVIGLIAO

In America Centrale esiste un popolo per il quale i problemi cardiaci praticamente non esistono.
Vi presento i Kuna, una popolo che vive nell’attuale stato di Panama e che non sa cosa sia l’ipertensione grazie ad una pianta che fa meraviglie.
Questa pianta, l’avrete capito, è il cacao.

Il cacao, croce e delizia da generazioni nel mondo occidentale, e pianta grandemente rispettata nel continente americano. Si pensi che gli Aztechi lo usavano come moneta!
Ovviamente questo stato di cose incuriosì gli scienziati, che si presero il disturbo di venire a studiare questa popolazione dalla prestigiosa università di Harvard.
Come spesso accade, i luminari pensano di essere ispirati in modo particolare grazie alla loro scienza e così dopo pochi giorni di permanenza decisero di tornare negli Stati Uniti, convinti com’erano che l’assenza di ipertensione nei Kuna mano a mano che invecchiavano, fosse dovuta ad una dieta povera di sodio.

Peccato che, come appurarono successivamente, la dieta dei Kuna fosse più ricca di sodio della dieta media negli Stati Uniti…
E così, coda tra le gambe e orecchie basse, ripresero lo studio con molta più umiltà.
Si ipotizzò anche una specifica caratteristica nel loro DNA che rinforzava particolarmente il cuore, ma ulteriori approfondimenti stabilirono che il loro cuore era sano per via di uno specifico alimento di cui facevano un gran consumo.

Partecipò allo studio anche un brillante ricercatore dell’università di Cambridge, autore di oltre 50 pubblicazioni sulle malattie cardiovascolari: il Dottor Oscar Franco.
Nel 2009 fu premiato dalla Società Europea di Cardiologia per il suo contributo nella prevenzione delle malattie cardiovascolari.
Le sue ricerche portarono alla conferma che un alto consumo di cacao è associato ad una riduzione del 37% di malattie cardiovascolari e ad una riduzione del 29% di ictus.
Questi risultati firono poi presentati ad un congresso a Parigi e pubblicati successivamente sul prestigioso British Medical Journal (BMJ)

Queste scoperte hanno spinto un sempre maggior numero di ricercatori ad interessarsi del fenomeno, sempre più convinti dei benefici dei frutti della pianta Theobroma cacao, ovvero quello che è stato definito “il cibo degli dei”, che nasce, neanche a dirlo dall’ “albero degli dei”:


Uno degli scienziati dell’Harvard Medical School, che partecipò alla spedizione di cui sopra, il Dottor Norman Hollenberg, disse che questa scoperta potrebbe liberare il mondo occidentale da una delle patologie più comuni e più gravi.

Il Dr. Franco compì 7 studi diversi che coinvolgevano in tutto 114.000 persone, alcune con problemi cardiovascolari e altre con il cuore sano. Tutte queste persone vennero divise in 2 gruppi, uno con un consumo di cacao in diverse quantità e un altro senza: coloro che avevano un più alto consumo di cacao, videro ridurre i propri problemi cardiaci del 40%.

Ma le ricerche continuarono da più parti e al Brigham and Women’s Hospital di Boston, furono fatti 10 test che coinvolgevano in tutto 320 persone che assumevano questo alimento “miracoloso”.
Alla fine delle analisi si scoprì che i livelli di colesterolo “cattivo” (LDL) si era abbassato mediamente di 5,9 mg per decilitro di sangue.
A questo punto è piuttosto chiara la ragione per cui la percentuale di malattie cardiache tra i Kuna sia inferiore al 10%: mediamente ognuno di loro consuma dalle 4 alle 5 tazze di una bevanda fatta con acqua e cacao purissimo. Praticamente non bevono altro.
A questo punto viene da chidersi: quali sono le sostanze contenute nel cacao che lo rendono così benefico per il cuore? Secondo i ricercatori è una sostanza chiamata epicatechina, la quale è un flavonoide che ha la particolarità di alzare il livello di ossido nitrico nel sangue. Questo fa sì che i vasi sanguigni si rilassino, permettendo in tal modo un migliore flusso di sangue, abbassando nello stesso tempo la pressione.


E non è tutto.
Dalla clinica ospedaliera di Barcellona, in Spagna è stato verificato come il cioccolato fondente abbia degli effetti decisamente positivi sul fegato in caso di malattie anche gravi come la cirrosi epatica.
Lo studio è stato coordinato dal dottor Andrea De Gottardi ed è stato presentato al meeting di Vienna della Società europea di Studi sul fegato.
Gli antiossidanti ivi contenuti, servirebbero ad abbassare la pressione sanguigna (l’abbiamo visto nel caso dei Kuna), soprattutto nell’area addominale, impedendo un afflusso di sangue troppo intenso che potrebbe causare danni epatici aggiuntivi.

In questa ricerca sono stati analizzati 21 malati di cirrosi epatica, dividendoli in 2 gruppi di 10 e 11 persone. Al primo gruppo è stato fornito un pasto liquido con cioccolato fondente, mentre al secondo gruppo è stato fornito lo stesso pasto ma con del cioccolato bianco che com'è noto, dopo essere stato processato industrialmente, risulta privo dei flavonoidi che sono invece presenti invece in grande quantità nel cacao grezzo e nel cioccolato fondente.
È bastata solo mezz’ora dall’assunzione del pasto, per verificare un netto abbassamento della pressione del sangue nel fegato in quei pazienti che avevano consumato il pasto con il cioccolato fondente.
Come ulteriore effetto, il sanguinamento, nei casi dove fosse stato presente è diminuito di molto e in due casi è addirittura scomparso.

Prima però che vi precipitiate a comprare tonnellate di cacao al supermercato è necessario chiarire che deve trattarsi di cioccolato fondente almeno al 70% (meglio se ancora di più come il 75 o l'80%) e che la bevanda consumata dai Kuna in quantità è a base di cacao puro al 100%.
Si tenga presente inoltre che per aversi dei benefici, la quantità di cioccolato fondente (cioè almeno al 70%) non deve superare i 100 gr al giorno e che già 3-4 quadratini possono iniziare ad esplicare i propri benefici effetti sull’organismo.

Ulteriore beneficio non da poco è l’eliminazione dei sensi colpa…
“Ma cosa fai, mangi il cioccolato?”
“Sì, ma solo per seguire una cura che sto facendo...”

(Fabius)

domenica 29 gennaio 2012

E' finalmente uscito!!! E con il link per i video didattici passo passo

I Segreti degli Antichi Rimedi Indiani per Mettere in Equilibrio Corpo e Spirito"
Massaggio Ayurvedico: Ecco Tutte le Idee e Strategie che Devi Assolutamente Conoscere...


AYURVEDA: LA "SCIENZA DELLA VITA"
  • Quando e con quale scopo nacque l'Ayurveda.
  • I cinque elementi che compongono la materia dell'universo.
  • Lo Sthana: cos'è e perché è così importante.
COME SIAMO FATTI E COME FUNZIONIAMO
  • Come definire le caratteristiche psico-fisiche di ogni persona.
  • Le costituzioni spirituali e il loro livello di sviluppo.
  • Come nasce la malattia: cause e rimedi.
  • La legge di similarità e dissimilarità.
  • Come si differenzia l'Ayurveda dalla medicina occidentale.
COME VEDONO LA SALUTE IN ORIENTE
  • Come ristabilire l'equilibrio dell'organismo.
  • Come mantenere uno stato di salute ottimale tramite la connessione mente-corpo.
  • Un nemico invisibile: lo stress.
COME SPERIMENTARE LA MAGIA DEL TOCCO
  • Gli effetti del massaggio Ayurvedico: dove e come agisce.
  • Come instaurare la comunicazione energetica tramite il massaggio.
  • Come comportarsi durante un trattamento: il bon ton del massaggio.
  • Come scegliere il tipo di olio più indicato.
  • Gli ingredienti del massaggio perfetto.
COME PRATICARE IL MASSAGGIO AYURVEDICO
  • Le manovre di effleurage, petrissage e tapotement.
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mercoledì 5 ottobre 2011

SI PUÒ FERMARE UN ATTACCO DI CUORE IN 30 SECONDI ?

A quanto pare sì. E soprattutto usando un semplice condimento molto comune in cucina.
Questo condimento è il peperoncino rosso o peperoncino di cayenna (Capsicum annuum e Capsicum frutescens), nome utilizzato solitamente in modo generico per definire tutti i peperoncini di forma più o meno allungata.
Nei paesi di lingua inglese viene conosciuto anche come Red Pepper, Chili Pepper, Red Hot Chili Pepper e via dicendo.

Il suo uso principale è quello di insaporire i cibi, aggiungendo una nota piccante, ma da secoli viene altresì usato per scopi terapeutici da tutte le popolazioni che lo conoscono, come ad esempio per migliorare la circolazione del sangue e la salute del cuore, in caso di problemi di stomaco e digestivi, ulcera, dolori cronici, malattie da raffreddamento, mal di gola, mal di testa, mal di denti e l’elenco sarebbe parecchio lungo…

Gli effetti del peperoncino piccante sono dovuti ad una sostanza resinosa nota come capsicina o capsaicina. La capsicina ha un effetto termogenico, ovvero riscalda la parte dove viene applicata grazie al fatto di richiamare parecchio sangue nella zona. Si tratta di uno dei migliori stimolanti della circolazione sanguigna, ma non provoca palpitazioni, iperattività o ipertensione come gli altri stimolanti di origine sintetica.

Le sue proprietà di stimolare la circolazione vengono utilizzate in prodotti cosmetici e farmacologici per frenare la caduta dei capelli e stimolarne la crescita, favorire il dimagrimento e nel caso di dolori articolari o di tipo reumatico.
Essendo la capsicina una sostanza liposolubile, ovvero che si scioglie nei grassi come l’olio, nel caso si volesse spegnere l’incendio nella bocca dovuto all’ingestione di peperoncini troppo piccanti, è meglio mangiare un pezzo di pane all’olio o con un po’ di olio sopra, piuttosto che bere acqua, la quale aiuta minimamente visto che elimina solamente i residui di peperoncino non ancora inghiottiti.

Le proprietà analgesiche del peperoncino risiedono invece nella capacità della capsicina di stimolare i recettori nervosi (responsabili della sensazione di calore e di bruciore) a tal punto da disattivarli. Appena viene ingerito, una potente scarica di adrenalina viene rilasciata nell’organismo, dando una sensazione di aumentata energia, a seguito della quale vengono rilasciate endorfine (ormoni simili agli oppiacei prodotti dal nostro organismo) con spiccate caratteristiche analgesiche. Si vede così che tale effetto antalgico può essere ottenuto sia per via topica che per ingestione.

Diversi naturapati ed erboristi consigliano di padroneggiare l’uso del peperoncino se ci si vuole dedicare ad una sola pianta, dato che è quella con i maggiori e più variegati effetti benefici per l’organismo. È però la capacità del peperoncino di fermare un attacco di cuore che è probabilmente la sua più importante qualità.
Il dottor Richard Anderson, un medico statunitense famoso per i suoi studi su come purificare l’organismo narra spesso del caso di un suo collega medico che corse in un parcheggio per prestare soccorso ad un signore che aveva avuto un infarto mentre stava posteggiando l’auto. Quando arrivò, l’uomo non respirava più e il cuore aveva smesso di battere, ciononostante il medico gli somministrò per via orale della tintura di peperoncino che aveva sempre con sé e in pochi minuti il cuore riprese a battere.
Un altro medico statunitense, il dottor John Christopher, pioniere della medicina erboristica occidentale, racconta che in 35 anni di pratica medica, quando vede una persona colpita da un attacco cardiaco, gli fa bere un tè di peperoncino, intendendo con questo un cucchiaino di peperoncino in polvere mescolato in acqua calda. In pochi minuti assicura che le persone tornano di nuovo in piedi.

Il peperoncino di Cayenna ha dimostrato di fermare un attacco di cuore in appena 30 secondi e probabilmente il fatto più noto è quello di un signore di 90 anni che ebbe un grave infarto. Quando i medici, allertati dalla figlia, arrivarono, dissero che ormai non c’era più niente da fare e lo dichiararono morto. Sua figlia però fu abbastanza pronta d’animo da somministrargli dell’estratto di peperoncino e in pochi minuti suo padre riprese conoscenza. Durante il tragitto in ambulanza verso l’ospedale, gli somministrò ancora dell’estratto di peperoncino e quando arrivarono infine in ospedale, il vecchietto si era già completamente ripreso e voleva tornarsene a casa per poter falciare l’erba del giardino!

Il dottore che lo visitò,chiese alla figlia dell’arzillo signore che cosa gli avesse dato e lei gli rispose tranquillamente, facendo esclamare al medico che era la cosa più vicina al miracolo che egli avesse mai visto.
La capsicina presente nel peperoncino piccante non ha rivali per quanto riguarda la sua capacità di dare una spinta alla circolazione sanguigna e migliorare le funzioni cardiache.
Il suo meccanismo d’azione, non solo potenzia il sistema cardiovascolare, ma nel contempo abbassa la pressione sanguigna e produce un benefico effetto energizzante su tutto l’organismo.

Il dottor Anderson ritiene che il peperoncino rinforzi notevolmente il cuore e che, proprio per questo, potrebbe perfino prevenire gli infarti. Per questo motivo, dovunque vada, sia per sport che per lavoro che per il tempo libero, porta abitualmente con sé delle capsule di peperoncino in polvere. “Non si può mai sapere quando si incontra una persona che sta avendo un infarto”, dice.

Altri dottori, comunque, insistono che le capsule di peperoncino non siano così efficaci come la tintura di peperoncino o la polvere in acqua calda in situazioni di emergenza.
Se pertanto dovesse capitare a qualcuno un infarto o un colpo apoplettico, sono consigliati dai 5 ai 10 contagocce riempiti completamente (non si parla di gocce, ma di contagocce riempiti completamente) di tintura di peperoncino, oppure un cucchiaino di peperoncino in polvere in un bicchiere di acqua calda e ripetere questa somministrazione ogni 15 minuti o finché non sia passata la crisi.
Ovviamente questo rimedio viene consigliato solo in casi di estrema emergenza senza che sia disponibile un pronto ed immediato soccorso da parte di personale medico qualificato.

Fabius

martedì 2 agosto 2011

GUARIRE, NON CURARE (seconda e ultima parte)

Iniziai dunque una serie di sperimentazioni per trovare la mia via per poter pacificare la mente e ridurre la quantità di stress che mi aveva così profondamente minato il fisico.
Ovvero come sono completamente guarito della colite ulcerosa
(seconda parte)
Beh, c’è da dire che aver tolto di mezzo la principale fonte di stress fu già un enorme passo in avanti. Difatti cambiai prima università, perché ipotizzai potesse anche essere l’ambiente peculiare dell’ateneo dove stavo studiando, ma poi mi risolsi a cambiare proprio facoltà, dato che il mio stato d’animo non era cambiato.
Provai un po’ di tutto per rasserenarmi e togliermi quel senso di insoddisfazione, frustrazione e rabbia che avevo addosso.
Provai a fare yoga, tai chi chuan, training autogeno, psicodinamica, che sono tutte pratiche utili e interessanti, ma che su di me non avevano molto effetto dato che non le trovavo “nelle mie corde”.

Avendo iniziato ad interessarmi di Ayurveda, l’antica medicina indiana, mi imbattei per caso nella Meditazione Trascendentale (M.T.), che come penso la maggior parte delle persone che non la conosce, immaginavo fosse una pratica nella quale si dovesse stare in ginocchio o in qualche posizione “ortopedica” per settimane, mesi, anni a recitare “Oooohmmmm”.
Niente di più lontano dal vero.
È sostanzialmente una tecnica di rilassamento profondo da praticare due volte al giorno e che dura ogni volta 15-20 minuti. Si basa sulla ripetizione mentale di un mantra bisillabico, in relazione alle proprie necessità e alla tipologia di persona. Si può eseguire a terra o seduti comodamente su una sedia. E gli effetti vanno molto oltre il semplice rilassamento. Può una tecnica così vergognosamente semplice essere allo stesso tempo così straordinariamente efficace? Sì, e i benefici che ne ho tratto sono stati ben superiori alla pacificazione della mente, dato che anche fisicamente ho avuto diversi benefici: ad esempio ero ipoteso e bradicardico (60-90 di pressione per 56 battiti al minuto) e in campo a un paio di mesi ho una pressione perfetta (85-115 per 70 battiti al minuto).

Con ciò non sto dicendo che la meditazione trascendentale aumenti la pressione, perché non sarebbe corretto: piuttosto regolarizza le funzioni dell’organismo in modo che possa trovare da solo il suo equilibrio, difatti molte persone ipertese hanno visto diminuire i propri valori pressori fino a livelli ottimali.

Come ho detto, l’alimentazione ha avuto una parte importante nella mia guarigione: mangiavo in modo meno disordinato e pasticciato, evitando i cibi troppo elaborati, grassi o speziati, che non facevano altro che affaticarmi la digestione, irritarmi stomaco e intestino e rendere più difficoltoso il lavoro di fegato e pancreas.
Mi capitò poi per caso tra le mani un articolo che parlava di una portentosa tisana di un tribù di indiani (ora il politicamente corretto vorrebbe che li chiamassi “nativi americani”, anche se personalmente penso che non sia una definizione corretta, dato che nemmeno loro sono nativi: sono semplicemente arrivati prima degli europei), che viveva in una zona attualmente al confine tra Stati Uniti e Canada: gli Ojibwa.

Questa miscela di erbe, fu scoperta casualmente da un’infermiera canadese, di nome René Caisse, agli inizi del secolo scorso. Successivamente questa tisana “miracolosa” prese il nome di Essiac, che non è altro che il cognome dell’infermiera scritto al contrario.
Grazie al suo lavoro in ospedale, poté consigliarla a diversi malati che ebbero una guarigione completa e molto più velocemente che con le cure tradizionali.

Guarirono anche persone con malattie gravi e/o giudicate incurabili, compresi molti malati di cancro. Mi rendo conto come quest’ultima sia un’affermazione un po’ forte, ma non dico nulla che non sia già stato detto e ridetto nei numerosi articoli e libri che trattano di questo “tè” curativo. Rimando a tale letteratura per ogni approfondimento che assicuro è molto interessante. Aggiungo solo due altre cose: il medico personale del presidente Kennedy, collaborò per parecchi anni con l’ormai anziana René Caisse, migliorando anche la formulazione di questa tisana. In una trasmissione alla radio canadese nel 1984 giunse a dire che questa era senza ombra di dubbio una cura efficacissima contro il cancro e per non essere frainteso, ripeté chiaramente il concetto un’altra volta.
Egli stesso si curò di un tumore all’intestino con questa tisana, guarendo completamente.

La seconda cosa che vorrei aggiungere è che nonostante migliaia di persone in tutto il mondo abbiano tratto innegabili vantaggi dall’uso di questa tisana, la case farmaceutiche fecero opera di lobbismo negli Stati Uniti e nel Canada per impedire che l’Essiac fosse venduta come rimedio anti-cancro. Immaginiamoci perché Big Pharma è intervenuta in tal senso: avete idea di quanto renda un malato di cancro solo con la chemioterapia?

Trovai dunque un fornitore di questa tisana e iniziai a berne 2 tazze al giorno secondo le istruzioni riportate. Devo dire la verità: non è buona. Non lo è affatto. A meno che non piaccia un sapore come di… palude radioattiva!
Però è incredibilmente efficace. Io ne sono la prova vivente. Inoltre in rete e nei testi a riguardo si trovano infinite testimonianze di persone che ne hanno tratto giovamento in tutto il mondo negli ultimi 100 anni.

In Italia si trova presso le erboristerie più fornite e in alcuni negozi di prodotti biologici ma costa una fucilata.
Ho trovato però un fornitore negli Stati Uniti dove costa una frazione di quello che costa in Italia (con anche più scelta) e le spese di spedizione costano meno che in Italia (paradossale, eh?).
E per avere un ulteriore sconto di 5,00 Dollari sul vostro primo acquisto, mettete nella casella apposita dell’ordine il codice DET735 (sono 3 lettere e 3 numeri).

Per quanto riguardava invece il mio problema, le mie ricerche non trascuravano nulla e così approdai infine al Qi Gong, che si può anche trovare scritto Chi Kung o Ki Cung.
Sostanzialmente ma un po’ impropriamente (mi scuseranno i puristi), potremmo definirla come una “ginnastica energetica” cinese, che basandosi su alcuni movimenti lenti, uniti ad una particolare respirazione e alla visualizzazione, genera dei mutamenti nel corpo e nella mente di chi la pratica, agendo sulla circolazione dell’energia vitale, in cinese “Qi” o “Chi”, che è quella che in India e chi pratica lo yoga chiama “Prana”.
Di tipi di Qi Gong ce ne sono migliaia e per ogni tipo di problema.
Io ne studiai e praticai una dozzina, fino ad arrivare ad un paio di “stili” che mi diedero ottimi risultati in termini di efficacia e semplicità, andando a confermare che le cose più semplici sono sempre le migliori.

Anche in questi casi la letteratura è vastissima, con persone che sono guarite completamente da malattie giudicate incurabili e in poco tempo, con grande sorpresa dei medici curanti.
Oggigiorno, fortunatamente, esistono dei medici “illuminati” che, dinanzi a prove inoppugnabili dell’efficacia della pratica del Qi Gong per favorire la salute e il benessere, consigliano tale pratica ai propri pazienti come terapia complementare.
Anche negli ospedali occidentali (e alcuni anche in Italia, come ad esempio l’Istituto dei Tumori di Milano). In Cina, addirittura, ci sono diversi ospedali dove i trattamenti sono solo a base di agopuntura e Qi Gong e i risultati sono decisamente positivi.

Attenzione, non è la miracolina, che ancora non ho scoperto se esiste oppure no, ma decisamente sono pratiche che non possono essere ignorate, a meno che ovviamente questo non venga fatto appositamente per non andare a inficiare il grande business della vendita dei farmaci.

Siamo giunti alla fine di questa seconda parte: nell’arco di 3 mesi da quando ho iniziato questo attacco combinato alla colite ulcerosa, ho smesso tutti i farmaci e non ho più avuto ricadute. Aggiungo che da allora non mi ammalo più (un raffreddore o un’influenza mi durano un giorno) e le mie difese immunitarie sono fortissime.
Come ho detto, dono sangue ogni 3 mesi (quasi mezzo litro) e pertanto sono controllato con una certa frequenza. Ogni volta mi dicono che sto bene e da un po’ di tempo a questa parte c’è come l’abitudine di dirmi da parte di alcuni medici: “Colite ulcerosa? Impossibile che tu l’abbia avuta, altrimenti non saresti guarito”.
Se lo dicono loro…
Comunque tenete presente che non sono un caso isolato e che dalle malattie croniche si può guarire.

(Fabius)

domenica 10 luglio 2011

GUARIRE, NON CURARE

Ovvero come sono completamente guarito della colite ulcerosa
(prima parte)

Come ho scritto nell’articolo precedente, sono guarito da una malattia cronica (colite ulcerosa al 3° stadio) che i medici giudicavano, e giudicano ancora, incurabile.
Come ci sono riuscito? La molla che mi ha spinto a cercare una soluzione alternativa è stata il non voler essere un malato perenne bisognoso di prendere 17 pastiglie al giorno e che alternava fasi di quiescenza a fasi di recrudescenza della malattia.
Iniziai con lo studiare quel poco che ancora si sapeva sulla patologia che mi aveva colpito per capirne le cause o le cause ipotetiche. Perché doveva colpire proprio me? Non ero mai stato uno che si fosse dedicato a vizi e stravizi di qualche tipo: non avevo mai fumato (tuttora) e non avevo mai avuto la passione per birra, che neanche mi piace, o per superalcolici.
Tra l’altro lessi che le donne erano più colpite da questo genere di patologie…
Iniziai a riflettere. Perché soprattutto le donne? Non poteva essere tanto una questione cromosomica, quanto piuttosto una questione di tipo psicologico. È risaputo che le donne sono più soggette a disturbi legati all’emotività, come gastriti o coliti. Bingo! Doveva quindi essere stato un problema psicologico che si era trasformato in una patologia di origine psicosomatica. Urgeva un’approfondita analisi introspettiva.
A quei tempi trascinavo gli studi di giurisprudenza. Questa facoltà non fu la mia scelta principale, ma una specie di ripiego frutto di un compromesso tra le mie passioni e la realtà del mercato del lavoro. Grosso errore.
Studiare ciò che non piace perché si pensa che possa offrire maggiori opportunità, condannandosi di fatto a fare tutta la vita ciò che non si ama, mette molto a rischio la propria salute e conseguentemente la qualità della vita che si vive e se non c’è la salute, tutto il resto passa in secondo piano.
I miei risultati accademici erano anche piuttosto buoni (avevo la media del 27) ma facevo una fatica immensa a mettermi a studiare delle materie così tecniche e che vedevo molto aride. L’ambiente universitario non mi aiutava di certo: competizione e indifferenza la facevano da padroni.
Trascinare una situazione di forte stress negli anni, evidentemente mi stava logorando piano piano, finché poi la patologia esplose in tutta la sua gravità facendomi rischiare di essere stomizzato o addirittura di passare a miglior vita.
La presa di coscienza di questo fu la parte più difficile: mi ero intestardito a voler fare una cosa che detestavo e avevo ignorato i segnali di allarme che il mio corpo mi mandava, come l’emicrania che mi coglieva quando iniziavo a studiare o la difficoltà a concentrarmi per più di pochi minuti alla volta.
Dovetti accettare l’idea di aver letteralmente sprecato diversi anni della mia vita con in più il risultato di aver minato seriamente il mio stato di salute.
Dopo aver preso atto di questo, incredibilmente mi sentii più sollevato.
Era il primo passo nella direzione giusta: individuare ed eliminare la causa scatenante del malessere..

Secondo passo: l’alimentazione.
Mangiavo come una caimano. Letteralmente. Non ero obeso perché fortunatamente non ho mai amato i dolci, ma mangiavo tanto e di tutto in modo molto disordinato. Direi quasi caotico. Ho sempre amato magiare, e non sempre ne facevo una questione di qualità.
Il secondo passo fu quindi regolare l’alimentazione e nutrirmi in modo più “umano”. Niente più bevande gassate con edulcoranti, niente più intingoli e cibi troppo speziati, niente più creme, cremine e cibi troppo pasticciati, niente più fritti e cibi troppo freddi o troppo caldi.
Visto che cucino da quando avevo 10 anni per via della cronica incapacità genitoriale di cucinare decentemente (per me si trattava di una questione di mera sopravvivenza), imparai le meraviglie della giuste combinazioni alimentari, della cottura al vapore e della cottura al forno o alla piastra, senza l’utilizzo di grassi. Caffé già non ne bevevo perché non mi era mai piaciuto, latte nemmeno perché da bambino ne ero allergico, quindi non ne sentii mai il desiderio, pertanto da questo punto di vista, le rinunce non mi pesarono affatto. Dovevo semplicemente togliere o ridurre per quanto possibile l’assunzione di cibi e bevande che mi facevano produrre una grande quantità di succhi gastrici e togliere i semini dalla frutta (come nel caso dell’uva) o dalla verdura (come nel caso dei pomodori) perché potevano crearmi problemi di irritazione. No problem, si poteva fare anche questo.
Mancava “solo” come aiutare il corpo a trovare la via migliore per curarsi e come pacificare la mente che sostanzialmente era stata la causa primaria del mio problema. La lettura di diversi testi di salute naturale e il confrontarmi con parecchie persone che avevano abbracciato uno stile di vita più salutare, mi aiutò molto.
Scoprire che, in base ad un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’80% delle malattie neoplastiche degenerative (si parla chiaramente di cancro) era causato da un’errata alimentazione o da un errato stile di vita, mi colpì come una randellata al buio.
NOI siamo la causa nell’80% dei casi di una delle patologie più gravi che ci possa capitare. Agghiacciante… Il potere della mente sul corpo era molto maggiore di quanto potessi o volessi ammettere.
Nella seconda parte entrerò più concretamente nei particolari di ciò che ho fatto per poter guarire definitivamente, con tutte le indicazioni pratiche necessarie.

(Fabius)

martedì 28 giugno 2011

La rigidità della scienza medica occidentale

Da bambino ero abbastanza scapestrato e con la tendenza a farmi male nei modi più stupidi. Ho avuto modo quindi di frequentare gli ospedali con una certa assiduità. Essendo poi un donatore di sangue da oltre venti anni e avendo tra le mie amicizie sia persone laureate in Medicina che persone laureate in Scienze Infermieristiche, ho avuto modo di conoscere da vicino come la medicina ufficiale pensa e su quali binari ragiona. Intendo nella maggior parte dei casi.
Una piccola annotazione preliminare: trovo che la classe medica italiana sia in generale molto ben preparata e professionale e, in almeno due casi, mi ha anche salvato la pelle.
I punti dolenti nascono di fronte alla prevenzione delle malattie e al trattamento di problematiche ritenute croniche, ovvero incurabili. In poche parole si tengono a bada i sintomi, o si cerca di tenerli a bada nel miglior modo possibile, ma sostanzialmente non si vanno a risolvere la cause del problema in modo da giungere ad una guarigione completa.
Secondo la medicina orientale, va detto, le malattie croniche invece non esistono dato che il compito di un medico è quello di:
  • Impedire che le malattie si manifestino (ci sono diversi gradi di sviluppo della malattia e in occidente le persone vanno dal medico quando i sintomi sono già aggravati e manifesti), tramite un’accurata prevenzione, in modo da bloccarle nei primissimi stadi di sviluppo.
  • Risolvere alla radice il male già  manifesto, debellandolo definitivamente
In India, ad esempio, un medico che abbia dei “clienti” malati è considerato di scarso valore, a meno che non gli si presentino pazienti nuovi già ammalati o che non erano andati da lui precedentemente, per farsi prescrivere le indicazioni per mantenersi in salute.

È interessante poi leggere le notizie circa le reazioni della classe medica riguardo a determinate cure o approcci ritenuti poco ortodossi, quantunque efficaci.
I passaggi solitamente sono i seguenti:
  • Derisione
  • Preoccupazione
  • Minaccia di denuncia o denuncia vera e propria
  • Sabotaggio delle sperimentazioni, facendole nelle condizioni peggiori per avere risultati negativi
Possiamo citare i casi del Prof. Luigi Di Bella e del Dottor Ryke Geerd Hamer, che hanno proposto un approccio differente nella cura del cancro e che sono stati denigrati, denunciati, e nel caso del Dottor Hamer, anche radiati dall’albo e incarcerati.
Alla fine di ottobre del 1995 andai in ospedale con 39 di febbre e perdendo sangue da ogni orifizio del corpo. Mi venne diagnosticata una colita ulcerosa al terzo stadio.
Il professore che mi ebbe in cura, mi salvò la vita e mi disse che qualora fosse giunto nelle mie condizioni in ospedale anche solo 10 anni prima, mi avrebbero dovuto stomizzare, ovvero mi avrebbero dovuto asportare sigma, colon e retto, con il risultato di vivere per tutta la vita con un sacchetto attaccato all’addome.
Se invece fossi giunto in ospedale, nelle mie condizioni, negli anni ’70, probabilmente sarei morto…
La colite ulcerosa fa parte della famiglia delle cosiddette M.I.C.I., ovvero le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali assieme alla malattia (o morbo) di Crohn.
Per un approfondimento consiglio di visitare il sito dell’associazione A.M.I.C.I.:
Una parola vorrei sottolineare dell’acronimo M.I.C.I.: croniche.
Capii cosa volesse dire questo termine in tutta la sua portata dopo la prognosi: il medico mi aveva tirato per i capelli fuori da una situazione decisamente a rischio e, una volta che mi fui stabilizzato, mi disse che per tutta la vita avrei dovuto prendere alcuni farmaci per tenere sotto controllo i sintomi dalla malattia, la quale alternava periodi di quiescenza a periodi di recrudescenza. E questo per tutta la vita.
In totale contai le pastiglie: erano 16. Metà di questa erano di farmaci che curavano gli effetti collaterali della metà che mi sarebbe servita per tenere sotto controllo la colite ulcerosa, peccato però che mi massacrassero fegato e pancreas.
16 pastiglie al giorno per tutta la vita. Era il 1995.
Magari oggi la ricerca medica ha fatto passi giganti in avanti e i farmaci sono sicuramente più efficaci e con meno effetti collaterali, ma perché allora si limitano a curare e non a guarire?
Nel 1998, dopo un lungo periodo di studio e di ricerca personale volto a trovare una soluzione alternativa per non foraggiare le case farmaceutiche per sempre, smisi di prendere i farmaci gradualmente. Ci misi 3 mesi.
Ora non ne prendo più nemmeno uno. Dopo 13 anni sono ancora qua, sto bene, non ho più avuto attacchi della mia malattia e da diversi anni ho ripreso a donare il sangue.
Tra poco arriverò a 50 donazioni e non ho mai, dico mai, avuto più problemi.
Dirò di più: la mia salute è migliorata sempre di più e ora se ho qualche problema è di carattere strutturale (slogature, contusioni, tagli) e non organico.
Praticamente non mi ricordo più l’ultima volta che posso dire di essermi ammalato.
L’alternativa c’era ed io ho trovato quella giusta per me. Magari non va bene per tutti, ma per me ha sicuramente funzionato e non contemplava l’uso di farmaci.
Addirittura ora, durante le visite mediche di controllo o prima della donazione di sangue, i medici mi dicono che probabilmente non sono mai stato di colite ulcerosa, altrimenti non sarei guarito perché (cito testualmente) “dalla colite ulcerosa non si guarisce”.
Piuttosto che accettare un fatto evidente e una realtà incontrovertibile, ma in contrasto con il loro “credo”, vengono negati gli assunti di base !!!
Come ho fatto a guarire dalla colite ulcerosa senza farmaci?
Ne parlerò in un prossimo articolo.
Restate sintonizzati.
(Fabius)